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Tartufi

Tartufi


Il tartufo è un tesoro di ineguagliabile valore per le colline delle Langhe. Se Alba è la capitale del Tuber magnatum Pico, non si deve dimenticare che il Tartufo Bianco Pregiato nasce in tutto il bacino collinare piemontese a Sud del Po, con una grande ricaduta positiva sull’immagine dell’intera regione.

Che cos’è il tartufo?
Il tartufo è un fungo ipogeo, cioè che vive sotto terra, e come tutti i funghi ha un apparato radicale costituito da un intreccio spesso fitto, ramificato e molto esteso, di filamenti biancastri (ife).
Il frutto, a forma di tubero, è costituito da una massa carnosa, detta "gleba", rivestita da una sorta di corteccia chiamata "peridio". Le caratteristiche di struttura e il colore di queste parti permettono di distinguere facilmente i vari tipi di tartufo. Il tartufo è formato in alta percentuale da acqua e da sali minerali assorbiti dal terreno tramite l'apparato radicale dell'albero con cui vive in simbiosi.

Il tartufo bianco d'Alba assume colorazioni diverse determinate proprio dalla pianta con cui vive e si sviluppa: si va dal bianco con venature rosate, al grigio tendente al marrone. Le radici, attorno alle quali il micelio trova le condizioni per generare il tartufo, sono principalmente quelle del pioppo, del tiglio, della quercia, del salice e, secondo alcuni, anche delle viti.
Dopo la sua formazione, il tartufo diventa un vero e proprio parassita, succhiando la linfa che la radice della pianta simbionte estrae dal terreno ricavandone profumo, sapore e colore.

Il tartufo dal profumo più persistente e di maggiore conservazione è quello cresciuto a contatto con la quercia, mentre più aromatico e chiaro è quello del tiglio. La sua forma, per lo più tondeggiante, dipende invece dalla natura del terreno: se questo è soffice diventerà più liscio, se al contrario è compatto, dovrà faticare a farsi spazio, e diventerà bitorzoluto e nodoso.
La stagione di maturazione va dalla fine di agosto a gennaio e ogni radice produce, in genere, un solo tartufo per anno, sempre che essa non venga tagliata dai cercatori durante la fase di raccolta o dai bracconieri che zappano senza l'aiuto del cane, ma a caso.

L'ambiente in cui cresce
L'ambiente ideale del tartufo bianco d'Alba (Tuber magnatum pico) è il bosco di querce, ma lo si può trovare anche lungo le sponde dei corsi d'acqua o dei fossati popolati di salici e di pioppi, nei giardini e nei viali di tigli. Ovviamente occorre un terreno adatto; ideale è quello calcareo oppure argilloso-calcareo con presenza di silice. Ha pure importanza l'altitudine: è molto raro oltre i 600-700 metri; ma il tartufo è imprevedibile, può nascere ovunque si trovi l'apparato radicale di un albero ad esso congeniale, anche in una vigna, dove un salice o una quercia abbiano attecchito. Ma i terreni umidi, ricchi di vegetazione e poco esposti al sole sono i più adatti. Alba è la capitale nazionale indiscussa del tartufo bianco; con la sua Fiera, iniziata nel 1929, ha dato prestigio e risonanza mondiale a questo fungo ipogeo noto in tutto il mondo gastronomico e ha promosso l'immagine della zona e dei pregiati prodotti.

La cerca con i cani
I cane, con il suo muso quasi piantato per terra, scorrazza e annusa tra i cespugli, ritorna sulle sue orme, annusa ancora: poi, d'improvviso, come folgorato da un istinto che si ridesta impetuoso, comincia a raspare e a guaire; accorre il "trifolao" e con la zappetta di ferro, il "sapin" lungo e ricurvo, allarga con delicatezza la piccola buca appena segnata e con mani esperte estrae il tartufo e ne fiuta, appagato, l'intenso e persistente profumo. La notte gli è amica, perché lo mette al riparo da occhi indiscreti e di notte i profumi si avvertono meglio ed è più semplice anche per i cani. Poi, i "trifolao" professionisti segnano su un taccuino luogo, epoca, luna e caratteristiche del tartufo, per essere pronti l'anno successivo ad un nuovo appuntamento.
Protagonista della cerca del tartufo è il cane, prezioso quanto insostituibile. I cani da tartufo non sono quelli di razza che hanno, nel sangue blu, mille antichità di blasoni e spesso di mollezze ma sono cani da pagliaio, dalle genealogie incerte e confuse, frutto di centinaia di incroci che hanno nel naso l'abitudine di fiutarsi attorno a cercare un po' di cibo.
Cani da tartufo si nasce, la scuola aiuta e disciplina gli sforzi. I corsi, che cominciano quando finisce l'inverno, durano solo pochi mesi ma sono severi e soprattutto basati sulla fame.
A forza di tozzi di pane non si ingrassa, ma il cane impara che i tartufi vanno al padrone. Con il cane il "trifolao" non usa la frusta e neppure le botte, che evita soprattutto quando lo sta educando. Se il cane è abituato ad essere picchiato, appena avverte il tartufo scappa come di fronte ad un nemico, perché quel profumo gli ricorda le percosse e invece deve associarlo al cibo: il tozzo di pane, ma oggi anche speciali biscotti integrali, concessi a ricompensa della ricerca.

La vendita
Il mercato del tartufo è quanto di più misterioso si possa immaginare. All'apertura i "trifolao" se ne stanno calmi e tranquilli, senza far vedere il frutto della loro ricerca, che conservano nascosto nelle capaci tasche delle loro giacche di fustagno. Invece parlano e discutono di cani e di pioggia, di stagioni e del tempo e aspettano che il mercato si muova, che i compratori si facciano avanti e cerchino di capire quanto prodotto è in vendita.
Poi, lentamente, con circospezione, incominciano a tirar fuori piccoli pacchetti di tartufi avvolti nei grandi fazzoletti: inizialmente i più piccoli, poi i pezzi più pregiati, riservati agli intenditori, a chi ricerca il pezzo bello per un regalo ed è disposto a spendere qualcosa in più. E mentre il profumo di tartufo diventa inebriante, il "trifolao", appartato in un angolo, conclude i suoi affari migliori.

Il tartufo in tavola
Il tartufo bianco d’Alba è un elemento vivo. Per mantenere le sue qualità, profumo e sapore, occorre mantenerlo in vita, e la sua vita è breve. Per conservarlo occorre avvolgerlo singolarmente, pezzo per pezzo, in stoffa rude o in carta leggera ed assorbente, che va cambiata di frequente; in frigorifero va tenuto nella parte meno fredda.
Si pulisce spazzolandolo leggermente e usando acqua il meno possibile e poco prima di consumarlo; si usa crudo affettandolo con il tagliatartufi sulle vivande. Molteplice il suo impiego nella cucina di Langa, preferibilmente sui cibi caldi e con sughi leggeri: ideale sulla fonduta, sui tajarin al burro e salvia, sui risotti alla piemontese, ma anche sulla carne cruda all'albese, sull'insalata di funghi porcini o di ovuli reali.
I buongustai sanno apprezzare il tartufo anche su un uovo al tegamino.