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Barolo D.O.C.G.

Barolo D.O.C.G.


II vitigno da cui deriva: il Nebbiolo
II Nebbiolo è uno dei più grandi vitigni del mondo e viene allevato quasi esclusivamente in Piemonte, sua terra d'origine. II suo nome deriva da nebbia, sia perché l'uva matura tardi, quando già le colline sono avvolte dalle prime nebbie autunnali, sia perché gli acini presentano sulla superficie esterna un'intensa pruina che conferisce una tonalità grigio-argentata al naturale colore viola, quasi annebbiandolo. Ne scrive per la prima volta, alla fine del XIII secolo, Pier de' Crescenzi nel suo Trattato dell’agricoltura che lo colloca nell'Astigiano, ma contemporaneamente è attestato a Canale, Chieri, Moncalieri, Rivoli. Gli Statuti di La Morra lo citano nel 1431 (nebiolium) insieme al pignolo. Attualmente, il vitigno Nebbiolo è coltivato in poche zone privilegiate e raggiunge soltanto il 3% della produzione vinicola del Piemonte. Gli ettari vitati sono di poco superiori ai cinquemila, e sono la metà di quelli coltivati a Dolcetto e un decimo circa di quelli coltivati a Barbera.
Gli ettari vitati a Nebbiolo da Barolo sono circa 1800.
Foglia media o grande, con 3 o 5 lobi abbastanza aperti. Grappolo medio, piramidale-allungato, alato, compatto, con peduncolo medio, per lo più verde. Acini medio-piccoli, rotondi con tendenza all'ellissoide, a polpa succosa, dolce è astringente, con buccia pruinosa (annebbiata), sottile, resistente e tannica,violacea scura con riflessi grigio-argentei della pruina, a maturazione tardiva di quarta epoca.

Maturazione dell'uva Nebbiolo
E' a maturazione tardiva: mediamente si vendemmia verso la metà di ottobre, mentre nelle annate particolarmente calde e asciutte la sua raccolta può essere anticipata ai primi del mese. Occupa i pendii collinari meglio esposti, da Sud-Est, Sud, a Sud-Ovest, dai 150 ai 400 metri d'altezza. Predilige un terreno magro e composto di marne calcaree, ed un microclima particolare: nella zona del Barolo e del Barbaresco, che presentano al meglio queste caratteristiche, i suoi vini raggiungono la massima complessità aromatica e la massima longevità. Nelle Langhe e nei Roeri, il Nebbiolo dà i seguenti vini: Barolo, Barbaresco, Roero, Nebbiolo d'Alba, Langhe Nebbiolo. Entra pure nella composizione di vini a denominazione Langhe, in assemblaggio soprattutto col Barbera.

Le sottovarietà o cloni del Nebbiolo
Si conoscono tre cloni del Nebbiolo: il Lampia, il Michet e il Rosé. Quest'ultimo, che dà vini particolarmente scarichi, è quasi del tutto scomparso. II Michet, anch'esso abbastanza raro, è considerato, secondo recenti studi, il prodotto della virosi sulla sottovarietà Lampia. Dà basse rese, ma elevata qualità. II clone maggiormente presente nei vigneti di Langa risulta il Lampia.

Produzione delle uve
La produzione massima di uve per ettaro non deve superare gli 80 quintali. La resa massima delle uve in vino non deve essere superiore al 70% al primo travaso e non deve superare il 65% dopo il periodo di invecchiamento obbligatorio.

Un po' di storia del Barolo
Un tempo, questo vino era conosciuto semplicemente come Nebbiolo dall'uva che lo produce. Nelle Langhe, ancora adesso, al di fuori della zona d'origine del Barolo, è chiamato col nome di Nebbiolo d'Alba e di Langhe Nebbiolo. E' nella seconda metà del secolo scorso che s'iniziò a chiamarlo semplicemente Barolo, dal nome del paese dove aveva i possedimenti la contessa Giulia Colbert Falletti. E' stata appunto questa nobildonna a far conoscere e meglio apprezzare il suo Nebbiolo di Barolo presso la corte dei Savoia a Torino. Tuttavia, una parte di merito spetta anche al grande statista Camillo Benso conte di Cavour che nel castello di Grinzane vinificò per la prima volta, con l'aiuto dell'enologo Oudart, un Nebbiolo più secco, secondo le nuove tendenze dell'epoca. E fu questa nuova tipologia di Nebbiolo a conquistare Torino e poi l'Italia. Già alla fine dell’Ottocento il Barolo era considerato il più grande dei vini italiani, anche all'estero, dove iniziava la sua esportazione, soprattutto nelle Americhe.

Denominazione d'origine
Con la costituzione del Consorzio di Tutela Barolo e Barbaresco, nel 1934, vennero definite ufficialmente la zona di origine, le uve, le caratteristiche del vino. Dopo una pausa negli anni della guerra, il Consorzio fu ricostituito nel '47.
Lavorò prima per il riconoscimento della denominazione di origine controllata e poi, in epoca recente, per la denominazione di origine controllata e garantita, portando i due vini di pregio all'ottenimento del massimo blasone previsto per i vini italiani.
Denominazione d'Origine Controllata (DOC) del 23 Aprile 1966.
Denominazione d'Origine Controllata e Garantita (DOCG) del 1° Luglio 1980.
Ogni bottiglia deve recare il contrassegno di Stato: una fascetta di carta violetta sul collo della bottiglia.

Zona di produzione del Barolo
II Barolo è un vino in purezza, ovvero ricavato esclusivamente dalle uve Nebbiolo prodotte negli interi territori comunali di Barolo, Castiglione Falletto, Serralunga d'Alba, ed in parte nei territori comunali di La Morra, Monforte d'Alba, Novello, Verduno, Grinzane Cavour, Diano d'Alba, Roddi, Cherasco.
Gli ettari coltivati sono complessivamente 1800 con una resa di circa 11 milioni 500 mila bottiglie all'anno (catasto vitivinicolo del 2008). La Morra, coi suoi 450 ettari vitati, supera il 25% della produzione.

Quando può chiamarsi Barolo
II vino deve essere sottoposto ad un periodo di affinamento di almeno tre anni: durante questo tempo deve rimanere come minimo due anni in botti di rovere. La scelta del tipo di rovere e della dimensione della botte è lasciata all'esperienza del vinificatore. Cosicché il Barolo matura sia nelle grandi botti tradizionali, sia nelle botti di medie dimensioni, sia nei carati di 225 litri.
II periodo di affinamento decorre dal 1 ° gennaio successivo all'annata di produzione delle uve.
Esempio: l'annata 2006 può essere commercializzata soltanto dal 1 ° gennaio 2010. Dopo un periodo di cinque anni di affinamento al Barolo può essere aggiunta la dizione: riserva.
E' consentita l'aggiunta, a scopo migliorativo, di Barolo più giovane ad identico Barolo più vecchio o viceversa, nella misura massima del 15%.
In etichetta deve figurare il millesimo relativo al vino che concorre in misura preponderante.
Prima di essere messo in commercio, il Barolo deve superare una prova di degustazione eseguita da un'apposita commissione costituita dal Ministero dell'Agricoltura. II superamento della prova dà diritto al contrassegno DOCG da incollare sul collo della bottiglia.

Analisi sensoriale del Barolo
Colore:rosso granato brillante che assume riflessi arancione percepibili soprattutto nell'unghia (anello esterno della superficie del vino nel bicchiere, a contatto col vetro).
Profumi: intensi e netti, con sentori floreali che ricordano la rosa e la viola nei vini giovani; col trascorrere del tempo prevalgono sentori di frutta quali la ciliegia sciroppata e la prugna cotta, poi sensazioni vegetali di sottobosco e terre bagnate quali il tartufo e i funghi freschi e secchi, infine aromi speziati di pepe, cannella e vaniglia, che evolvono verso profumi animali come il cuoio ed infine odori chimici ed eterei quali il catrame (goudron).
Gusto-olfatto: sapore asciutto, pieno, robusto, austero ma vellutato, armonico, avvolgente; struttura forte e complessa; in bocca si percepisce la bacca rossa della marasca e della mora, la liquirizia e la vaniglia, il tabacco e il caffè; l'astringenza dei tannini, più evidente nei vini giovani, va decrescendo ed armonizzandosi con l'invecchiamento.

Analisi chimica
Gradazione alcoolica minima complessiva: 13 % Voi
Acidità totale minima: 5 per mille. Estratto secco netto minimo: 23 gr per litro

Maturazione
II Barolo è uno dei grandi vini da invecchiamento. E' difficile dire quanti anni possa rimanere in bottiglia senza perdere le sue caratteristiche organolettiche. Diversi sono i fattori che condizionano la maturazione: l'annata, il cru, la temperatura della cantina, il buio, l'umidità, e via elencando.

I grandi millesimi
Negli ultimi cinquant'anni del Novecento i grandi millesimi, universalmente riconosciuti, sono: 1958, 1961, 1964, 1971, 1982,1985, 1989, 1990, 1997.

Scaraffamento
Se si tratta di un Barolo giovane, non è il caso di versare il contenuto della bottiglia in una caraffa. Se il Barolo è d'annata, conviene trasferirlo in una caraffa con la massima attenzione per evitare intorbidamenti. Si scaraffa poco prima di servirlo.

Temperatura di servizio
Intorno ai 18°C

Il bicchiere giusto
II bicchiere del Barolo deve essere capiente, panciuto, a forma di tulipano, con stelo piuttosto lungo, di cristallo incolore. E' stato studiato e prodotto il bicchiere "Piemonte".

Piatti da abbinare
II Barolo predilige vivande a base di carni rosse brasate e arrostite, di selvaggina di pelo e di piuma (brasato al Barolo, lepre al civet, fagiano in salmì). Va accostato a formaggi stagionati e a pasta dura non piccanti (bra duro., parmigiano reggiano e grana padano, castelmagno erborinato). Come vino di fine pasto colla pasticceria secca (paste di meliga).

Barolo Chinato
E' vino Barolo aromatizzato con droghe diverse tra cui la china calissaia, con aggiunta di alcool e zucchero. Da fine pasto, da meditazione, con alcuni dolci a base di cioccolato, anche caldo come punch.